‘U contra
11-12-13 Maggio 2012
di Nino Martoglio
Regia e scene
Angelo Tosto
Con Filippo Nicosia, Salvo Sottile, Maria Rita Leotta
Musiche I lautari
Produzione Teatro Stabile di Tremestieri Etneo
“U Contra” antidoto alla moderna società
“È nata prima la Civita o Catania?
Somiglia un po’ a quell’antico, buffo e insolubile indovinello che riguarda l’uovo e la gallina.
In realtà, per primo nacque quel piccolo insediamento marinaro che pian piano diventò un villaggio che, dopo del tempo, diede origine a una città. Passarono anni. A Betlemme successe quello che sappiamo e intanto la città che era venuta fuori da quel piccolo abitato, diventò grande e riconobbe al piccolo villaggio, che frattanto era diventato un quartiere della magnifica Catania, il ruolo di madre. Così, il villaggio-quartiere si chiamò “Civitas”, a sottolineare che tutto era nato da li.
“La Civita” continuò a vivere di luce propria fino ai primi del novecento e, nonostante attorno a se si fosse sviluppata la grande metropoli, si ostinò a conservare il suo carattere di borgo marinaro genuino e sanguigno. Quasi avesse avuto il compito di custodire il carattere e le peculiarità del catanese vero e proprio.
Forse per questo Nino Martoglio si rivolgeva puntualmente a questo quartiere ogni volta che sentiva il bisogno di descrivere una Catania vera, antica, buffa e singolare.
Questo è proprio il caso de: “’U contra”, commedia, scritta con la penna, ma colorata dal pennello del suo autore che riesce persino a stimolare il senso dell’olfatto, fino ad avere sentore di olezzi di urina e di salsedine, che si mischiano al colore delle porte, al profumo dei fagioli e al nauseante puzzo del pesce marcio misto al canto e alle urla delle lavandaie litigiose della Civita.
Ma quanta umanità e sincerità in quel mondo semplice e a tratti primordiale! A partire dalla nobile e poetica figura di Don Procopio, buffo e poverissimo eroe del quotidiano, filosofo e benefattore di un’umanità indifesa e vulnerabile. Missionario in un micro universo costruito sull’ignoranza, cattiva consigliera e madre di presunzione e di violenza.
La figura di questo piccolo e fragile omino, tanto simile a “Charlot”, si staglia maestosa lungo i muri di un quartiere in degrado, dove si aggirano anche ombre sinistre, come quella di Don Cocimo, bieco profittatore, disonesto affarista, pronto a cambiare pensiero e fede se occorre.
In questa bella favola sull’onestà e sulla coerenza, il “buono” avrà il giusto riconoscimento e a noi tutti, finito il racconto, resterà il sorriso sulle labbra per la simpatia e la verità del protagonista.
Ma sono certo che a qualcuno resterà anche una puntina di amaro in qualche parte del palato, pensando che di persone come Don Procopio, oggi, proprio quando ne avremmo un bisogno disperato, ne sono rimaste ben poche, mentre trionfa incontrastata la filosofia opportunista, qualunquista, impietosa, cinica e volgare dei tanti “Don Cocimo” che si moltiplicano e si avvicendano nella nostra triste, ma confortevole esistenza.
Non dico che rivoglio indietro la puzza di piscio e di pesce marcio o le liti di Cicca e di Sara e i pianti di Tinuzza o la sporcizia, le malattie, la fatica e il dolore di un popolo ignorate e oppresso, ma, almeno, restituiteci qualche Don Procopio, anche usato, che ci possa ridare una luce sommessa di speranza“. Angelo Tosto.
Ingresso intero €12